Lucio Papirio dittatore, Venezia, Pasquali, 1744 (Lucio Papirio)

 ATTO SECONDO
 
 Galleria corrispondente dall’una parte alla casa de’ Fabi e dall’altra a quella de’ Papiri.
 
 SCENA PRIMA
 
 RUTILIA e COMINIO da varie parti
 
 RUTILIA
 Alla fronte dimessa, al tardo passo
 non conosco in Cominio
 né l’eroe né l’amante.
 COMINIO
485Reo d’ardir, reo d’amore, a’ tuoi begli occhi
 con qual core offerirmi?
 RUTILIA
 Reo? Di che mai?
 COMINIO
                                   Ti offesi
 per voler meritarti.
 Se Quinto cade, il mio consiglio il perde.
 RUTILIA
490Il tuo consiglio diè vittoria a Roma;
 e della gente Fabia entra ne’ fasti
 per te novo ornamento.
 COMINIO
 Ma nel Senato intanto
 del tuo illustre fratel s’agita il fato.
 RUTILIA
495Nel Senato non tutti
 son Manli e son Papiri.
 COMINIO
 Né sempre la più giusta
 è la causa più forte.
 RUTILIA
 E se il perde livor, nella sua morte
500qual colpa avrà Cominio?
 Scorge il cielo s’io l’ami;
 pur se scritto è lassù ch’ei perir debba,
 vedrollo a ciglia asciutte
 morir da Fabio. Non si versan pianti
505per chi muor per la patria e fra i trionfi.
 Ma ancor lo spero; avranno cura i numi
 in lui di conservar l’unico avanzo
 di tanti eroi. Roma impor leggi al mondo
 dee per voler de’ fati. Il grande impero
510o a lui daranno i Fabi
 o, se l’ultimo Fabio or manca e cade,
 Roma l’avrà ma con più tarda etade.
 COMINIO
 O sovra del tuo sesso alma sublime,
 tu rincori la mia.
515Di Quinto alla salvezza
 pugnerà il cielo, la virtù, la gloria;
 combatterà il mio amor, la mia amistade;
 e se fortuna, alle bell’opre avversa,
 in suo eccidio s’ostina,
520fia comune a più d’un la sua ruina.
 
    Come per nube il raggio
 passa e le dà chiaror,
 tal di quegli occhi un guardo
 d’ardore e di coraggio
525m’empie l’amante cor.
 
    il cor che, tolto
 quel lume ond’ardo,
 staria sepolto
 di tenebroso obblio nel cieco orror.
 
 SCENA II
 
 SERVILIO e RUTILIA
 
 SERVILIO
530Rutilia, egli è costume
 delle umane vicende
 che alternino fra loro il bene e ’l male.
 Partito il caro amante, ecco il noioso.
 RUTILIA
 Se sai d’esser molesto, a che cercarmi?
 SERVILIO
535Disprezzato, ho il piacer del vendicarmi.
 RUTILIA
 Nuova foggia d’amar per dispiacere;
 o forse aman così l’alme plebee?
 SERVILIO
 Che più dirai, se di novelle infauste
 apportator mi scorgi?
 RUTILIA
540Che sarà? Da sinistro
 corbo non s’ebber mai lieti presagi.
 SERVILIO
 Con ire e con rancori
 tra Lucio e Marco, in pien Senato, a lungo
 si contese per Fabio.
 RUTILIA
545Qual fu de’ padri, ivi raccolti, il voto?
 SERVILIO
 Non assoluto il reo,
 non condannato il vincitor, fremendo
 invan l’uno, invan l’altro,
 si disciolse il Senato.
 RUTILIA
                                         E in mano ancora
550resta del dittator la nobil vita?
 
 SCENA III
 
 PAPIRIA e i suddetti
 
 PAPIRIA
 No; ma passa in tua mano.
 RUTILIA
 Come?
 PAPIRIA
                 Al popol romano
 Marco appellò. Servilio
 sul popolo ha poter, tu sovra lui.
 RUTILIA
555(Dei! Che farò?)
 PAPIRIA
                                 Rutilia non risponde? (A Servilio)
 SERVILIO
 Le sovvien de’ miei torti e si confonde. (A Papiria)
 RUTILIA
 Tribuno, è ver, me ne sovvengo; e n’hai
 la via di vendicarti.
 Non attender che teco
560io qui m’abbassi alla viltà de’ preghi.
 Giusto è che tu di Fabio
 mi dia la vita? O ingiusto?
 Se giusto, a che gittarne
 inutili preghiere?
565Se ingiusto, a che tentarti
 di un atto iniquo?
 PAPIRIA
                                    O troppo (A Servilio)
 superbo cor!
 SERVILIO
                          Ma con virtù superbo. (A Papiria)
 RUTILIA
 Adempi il tuo dover. Sol per tua gloria
 pensa che se condanni
570un Fabio, un vincitor, vedran le genti
 nell’atroce sentenza
 la tua fiamma negletta;
 e con orror diranno
 che giustizia non fu; ma fu vendetta.
 
575   Non deggio amarti;
 non vo’ ingannarti,
 che in me ugualmente
 inganno e amore
 sarian viltà.
 
580   A nobil core
 sconvengon l’arti.
 Ei può soffrire;
 mentir non sa.
 
 SCENA IV
 
 PAPIRIA, SERVILIO e poi MARCO FABIO
 
 PAPIRIA
 Deh, Servilio, d’un’alma prevenuta
585non t’irritin gli sprezzi.
 SERVILIO
 Me la nega la figlia? (Vedendo Marco Fabio, gli va incontro)
 Ragion mi farà il padre. A te già piacque
 ne’ suffragi del vulgo
 por la vita del figlio.
 MARCO FABIO
590Al popolo romano,
 maggior del dittatore,
 da Lucio e dal Senato io provocai.
 PAPIRIA
 Vano ah! sia mio timor, non tua pietade.
 MARCO FABIO
 Che ti spaventa?
 PAPIRIA
                                  Un troppo
595vilipeso tribuno.
 MARCO FABIO
 Servilio?
 SERVILIO
                    A lui non parve
 audacia alzar suoi voti
 a una figlia de’ Fabi.
 PAPIRIA
 Tal non parve a Rutilia.
600Riguardò con orror la fiamma accesa
 in un cor non patrizio.
 Unì sprezzi a ripulse, ingiurie a sprezzi.
 MARCO FABIO
 Non è in vergine figlia
 l’arbitrio de l’amor né del rifiuto.
605Fra quei che di Rutilia
 aspirano alle nozze,
 al migliore io la serbo.
 Fa il natal vari i gradi;
 la virtù gli fa eguali.
610Servilio, ora al tuo amore
 non fo divieti e non lusinghe. Quelli
 a te oltraggio farian, queste ad entrambi.
 Libero d’ogni affetto
 pesa il merto e l’error. Qualunque siasi,
615purché giusto il decreto,
 l’approverò, che non m’offende un retto
 giudizio e più del figlio amo le leggi.
 SERVILIO
 Degni sensi di te, di chi tre volte
 fu consolo di Roma e dittatore.
620Parto con più di pace.
 PAPIRIA
 (Ma tu pace non hai, povero core).
 SERVILIO
 
    Non dispetto, non speranza
 sedurrà la mia costanza
 sul destino del tuo figlio.
 
625   Ma del giusto e del dovere
 farò legge al mio potere,
 farò norma al mio consiglio.
 
 SCENA V
 
 PAPIRIA, MARCO FABIO e poi QUINTO FABIO
 
 PAPIRIA
 Quanto di te son io
 più misera! Te solo
630punge di padre il duolo,
 me quel di figlia e moglie.
 MARCO FABIO
                                                  Eh, dall’esterno
 mal giudichi, o Papiria.
 Tu vedi il padre; ma il roman non vedi.
 Buon pel reo, che non tocca
635a me di giudicarlo e che il suo fallo,
 fuor della dittatura
 e fuor del consolato,
 padre mi trova e cittadin privato.
 QUINTO FABIO
 Debitor di due vite
640eccoti, o padre, un figlio; e se ne impetro
 da le tue braccia... (In atto di volerlo abbracciare; ma è respinto dal padre)
 MARCO FABIO
                                     Indietro.
 
    Tu figlio mio? Nol sei.
 No, quegli amplessi rei
 lungi da me.
 
645   Allor t’abbraccerò
 che ti vedrò innocente;
 ma figlio delinquente
 il mio non è.
 
 SCENA VI
 
 QUINTO FABIO e PAPIRIA
 
 QUINTO FABIO
 (Mi scaccia il padre? O fulmine che abbatte
650quanto ho vigore in petto!)
 PAPIRIA
 (Sostenetevi, o sdegni;
 voi soli esser potete il mio riposo).
 QUINTO FABIO
 Papiria, anima mia...
 PAPIRIA
                                          Scostati.
 QUINTO FABIO
                                                            O cieli!
 Contro di Fabio tu, mia sposa, ancora?
 PAPIRIA
655(Che pena è simular con chi s’adora!)
 Sposa non più ma figlia;
 e non ascolto chi è nimico al padre. (In atto di partirsi)
 QUINTO FABIO
 I miseri ognun fugge.
 Deh, ferma. (Prendendola per una mano)
 PAPIRIA
                          Di Papiria
660lascia la mano, ond’io m’asciughi il pianto,
 e va’ quella a fermar che ti minaccia.
 QUINTO FABIO
 Nulla più temo, o cara,
 dell’odio tuo.
 PAPIRIA
                           Nol teme
 chi Lucio offende.
 QUINTO FABIO
                                    Lucio
665è il carnefice mio.
 PAPIRIA
                                    Tu il provocasti.
 QUINTO FABIO
 L’aver vinto è il mio fallo.
 PAPIRIA
 Non fa la tua vittoria,
 misero, i mali tuoi, gli fa il tuo orgoglio.
 QUINTO FABIO
 Tu vedesti nel campo
670e le verghe e le scuri.
 PAPIRIA
                                         E vidi ancora,
 più del giudice offeso, il reo feroce.
 QUINTO FABIO
 Tanto senso per lui? Per me sì poco?
 PAPIRIA
 Amar non può la figlia,
 se non perdona il padre.
675L’ira di lui tra questo core e il tuo
 s’è posta e, quasi insuperabil muro,
 ne stacca e ne divide.
 Chiedi grazia e perdono;
 ei si plachi, ei t’abbracci; e sposa io sono.
 QUINTO FABIO
680O più del genitor figlia crudele!
 Ei m’insidia la vita e tu la fama.
 PAPIRIA
 Ambe il littor minaccia, io vo’ salvarle.
 QUINTO FABIO
 E un Fabio si vedrà chino e sommesso?
 PAPIRIA
 Lucio solo vedrallo.
 QUINTO FABIO
                                      E il saprà Roma.
 PAPIRIA
685Non è gloria ostinarsi in alterezza.
 QUINTO FABIO
 Posso implorar pietà senza ottenerla.
 PAPIRIA
 In tuo soccorso allor verrà il mio pianto.
 QUINTO FABIO
 Perché a Lucio abbassarmi,
 quando il popol roman dee giudicarmi?
 PAPIRIA
690Non t’assolse il Senato;
 e giudizio miglior speri dal vulgo?
 QUINTO FABIO
 E se questo m’assolve?
 PAPIRIA
 Condannato dal padre,
 vivrai con l’odio suo, vivrai col mio.
 QUINTO FABIO
695Crudel! Dunque degg’io
 e perderti morendo?
 E perderti vivendo? Ah! Di due mali
 il peggiore si fugga.
 Morasi pure. A Lucio
700vado a implorar mia pena. Addio, Papiria.
 Ma almeno oltre al sepolcro
 l’odio tuo non mi segua.
 PAPIRIA
 Sì, vanne al dittator. Fa’ ch’ei ravvisi
 in te non il feroce
705genero ma il pentito. Io ti precedo
 per disporlo al perdono.
 Non diffido del padre;
 né dispero del giudice. Poi lieti
 cara vita godrem, dolce riposo;
710e allora in abbracciarti
 dirò: «Fabio, mio sposo».
 
    Tu sei mio caro ardor;
 tu sei mio dolce amor;
 e senza te non ho,
715dirò, né cor né vita, idolo mio.
 
    Ma in ira al genitor,
 mia pena sei, mio orror;
 son miei gli affetti sui;
 e con l’odio di lui, t’abborro anch’io.
 
 SCENA VII
 
 QUINTO FABIO
 
 QUINTO FABIO
720Son io Fabio? Io prostrarmi? Ahi! Che promisi?
 Se il fo, me troppo vile! E se il ricuso,
 troppo infelice! Oh! Meno fossi amante
 e più forte sarei.
 Ma tutti assorbe amore i fasti miei.
 
725   Troppo è insoffribile fiero martir
 e vivere e morir
 con l’odio di chi s’ama.
 
    Spirto anche ignudo e sciolto,
 torna, raggira e vola
730intorno a quel bel volto
 che qui fu la sua speme e la sua brama.
 
 Padiglione di Lucio Papirio con tavolino.
 
 SCENA VIII
 
 LUCIO PAPIRIO e PAPIRIA
 
 LUCIO PAPIRIO
 Non mi si parli. Morirà il superbo;
 e i domestici lari
 o più non mi vedranno o vendicato.
 PAPIRIA
735Non si risparmi il reo, solo s’ascolti.
 LUCIO PAPIRIO
 Che? Per espormi a nove ingiurie ed onte?
 PAPIRIA
 Il dittator punisca;
 ma il suocero perdoni.
 LUCIO PAPIRIO
 Suocero e dittator, Lucio il condanna.
740Ei non distinse i gradi, io non le offese.
 PAPIRIA
 Giudice, ch’alza il braccio a sua vendetta,
 del poter fa un abuso
 e in figura di reo perde il nimico.
 LUCIO PAPIRIO
 Non errò dunque Fabio? Io sono ingiusto?
 PAPIRIA
745Errò Fabio, nel campo,
 trasgressor del divieto.
 LUCIO PAPIRIO
 E questa al dittator fu grave offesa.
 PAPIRIA
 Sì, ma sua causa al popolo è rimessa.
 Ei l’assolva o il condanni,
750tu non v’hai più ragion; né sopravvive
 a pubblico giudizio ira privata.
 LUCIO PAPIRIO
 Insultarmi poc’anzi
 con qual fasto il vedesti?
 Ira, invidia, furore, e che l’altero
755non rinfacciommi?
 PAPIRIA
                                      È vero.
 Ma non son questi i torti
 del dittator, sono, signore, i tuoi.
 LUCIO PAPIRIO
 E perché miei, dovrò soffrirgli? E il grado
 fia, qual segno allo stral, scopo all’insulto?
 PAPIRIA
760No, ma quando prostrato
 Quinto dica il suo torto e grazia implori,
 che ricerchi di più? Tu gli concedi
 un perdon che nol salva.
 Qual giudice v’è mai che a’ più malvagi
765giù del trono il ricusi?
 Giustizia odia i delitti, i rei compiange.
 LUCIO PAPIRIO
 Indegno è di pietade il reo superbo.
 PAPIRIA
 Superbo non è più chi vuol perdono.
 LUCIO PAPIRIO
 Facil pietà rende più arditi i falli.
 PAPIRIA
770Un Fabio a’ piedi tuoi frena i più audaci.
 LUCIO PAPIRIO
 Orsù, venga al mio piè; ma Roma il vegga.
 PAPIRIA
 Non ti basta in sua pena il suo rossore?
 LUCIO PAPIRIO
 Dessi a palese error palese emenda.
 PAPIRIA
 La grazia generosa ha più di lode.
 LUCIO PAPIRIO
775E la pubblica pena ha più d’esempio.
 PAPIRIA
 Quinto è genero tuo, Quinto è mio sposo.
 LUCIO PAPIRIO
 Più del decoro altrui calmi del mio.
 PAPIRIA
 Nulla darai d’una tua figlia a’ preghi?
 Finor pugnai con Fabio
780per la tua gloria e vinsi.
 Or per la sua ti prego.
 Partir mi lascerai sì sconsolata?
 LUCIO PAPIRIO
 Femmina ottiene a forza
 d’esser troppo importuna.
785Va’. Fabio venga. Io solo
 l’attendo alle mie piante;
 e s’io ritrovo in lui genero umile,
 egli in me abbraccerà suocero amante. (Ritirasi a parlare con una delle sue guardie)
 PAPIRIA
 Vinse due rigide alme amor costante.
 
790   Fra due sirti la navicella,
 ora in questa ed ora in quella,
 rischio corre di naufragar.
 
    Ma in guidarla nocchiero accorto
 ambe sfugge, abbraccia il porto.
795Mugge intanto e va in que’ sassi
 a spezzarsi il sordo mar.
 
 SCENA IX
 
 COMINIO e LUCIO PAPIRIO
 
 COMINIO
 Signor, che contra Fabio
 armi il poter, le leggi...
 LUCIO PAPIRIO
                                            A tempo ei giunge.
 COMINIO
 S’anche tutti al tuo piè stesser prostrati
800e tribuni e soldati,
 so che vano saria per lui pregarti
 di perdono e di vita.
 LUCIO PAPIRIO
 Clemenza intempestiva è codardia.
 COMINIO
 Regna nel roman petto
805un tal di gloria affetto
 che si svenan per lui pietà e natura;
 e fin la tirannia passa in virtude.
 LUCIO PAPIRIO
 Cieca è giustizia, non distingue oggetti;
 e punisce il delitto, ovunque il trova.
 COMINIO
810Ma tu lo trovi in tutti e un sol punisci.
 LUCIO PAPIRIO
 Dell’opre, o buone o ree, la lode o il biasmo
 cade sul duce; ei pecca in tutti; e tutti
 si puniscono in lui.
 COMINIO
 Fabio da’ tuoi costretto uscì a battaglia.
 LUCIO PAPIRIO
815Ne’ governi civili e militari
 tutto procede col suo grado. Il basso
 serve al maggiore ed il maggiore al sommo.
 Fabio aveva i miei cenni, il campo i suoi.
 Ei vi resse alla pugna e fece il fallo.
820Voi pugnaste, lui duce, e pregio aveste.
 Al vietato conflitto
 voi con merito andaste, ei con delitto.
 COMINIO
 Non v’ha dunque ragion che salvi a Roma
 un eroe per cui vinse?
 LUCIO PAPIRIO
825Al popolo appellossi; e sempre incerti
 son del vulgo i giudizi.
 COMINIO
 Saran giusti, se liberi. Gli sdegni
 d’un dittator fan troppa violenza
 a’ voti della plebe,
830che spesso si condanna l’innocente
 per timor del potente.
 LUCIO PAPIRIO
 Non tua ragion, mi move
 natural senso dell’altrui sciagura.
 Fa’ che duci e soldati,
835fuor di mia tenda, or ora
 schierinsi in ordinanza. Vedran tutti
 che chiaro era il misfatto e giuste l’ire;
 e chi può perdonar potea punire.
 COMINIO
 
    Col vincer te stesso,
840vittoria riporti
 d’ogni altra maggior.
 
    Né darti né torti
 può sorte quel vanto
 che sol t’è concesso
845dall’alto tuo cor.
 
 SCENA X
 
 LUCIO PAPIRIO e poi QUINTO FABIO
 
 LUCIO PAPIRIO
 (Resistere è del forte,
 dissimular del saggio,
 e l’uno e l’altro di chi regge e impera).
 QUINTO FABIO
 (A che m’astringi, amore!)
 LUCIO PAPIRIO
850(Vien Quinto. A lui s’asconda
 e la placida fronte e la severa). (Si rivolta senza guardarlo, appoggiato ad un tavolino)
 QUINTO FABIO
 Signor, vuol mia sciagura
 che in sembianza di reo ti venga innanzi
 chi abbracciasti altre volte
855per genero e per figlio.
 LUCIO PAPIRIO
 Non dir sciagura tua ciò ch’è tua colpa.
 QUINTO FABIO
 Nol nego, errai; ma errando,
 cercai con più di merto
 d’esser genero tuo. La mia vittoria...
 LUCIO PAPIRIO
860A che meco difese?
 Io già ti condannai.
 Al popolo appellasti. A lui ti scolpa.
 QUINTO FABIO
 Fuori di te, qualunque
 giudice omai ricuso. Io qui depongo
865e l’elmo laureato
 e questa spada vincitrice; e il capo
 sottometto a tua legge. (Depone sul tavolino l’elmo e la spada)
 Sol rendimi il tuo amor. Rendimi quello
 della sposa diletta. Ecco al tuo piede... (Ponendosi in atto d’inginocchiarsi, Lucio Papirio a lui si rivolta e lo ferma)
 LUCIO PAPIRIO
870Fermati; ed al mio piede
 non ti getti il tuo amor ma il tuo rimorso.
 Alza, Fabio, quegli occhi a questo volto.
 Mira se il riconosci.
 Qui non è il dittator ma Lucio solo.
875Ah! Per te che non fei? D’unica figlia
 alle nozze io t’elessi.
 Giunto alla dittatura, io te maestro
 creai de’ cavalieri.
 A te fidai del campo il sommo impero;
880e deposi in tua man sin la mia gloria.
 QUINTO FABIO
 Tormentosa memoria!
 LUCIO PAPIRIO
 Ma tu che mi rendesti?
 De’ miei divieti ad onta,
 tu combatti i Sanniti;
885scrivi al Senato e al dittator non scrivi;
 senza aspettarne il cenno,
 l’esercito abbandoni e vuoi trionfo.
 Conscio de’ miei disdegni,
 mandi sciolti i prigioni, ardi i trofei.
890Che più? D’invidia, di furor m’accusi.
 Svegli schiere a tumulto;
 e perché vada inulto il primo eccesso,
 nuovi eccessi commetti.
 Giudice or di te stesso,
895di’ s’abbia alle mie piante
 il genero chinarsi o pur l’amante.
 QUINTO FABIO
 Signor, più non resisto.
 Ciò che a te qui mi trasse
 era amor, era senso, era fiacchezza.
900Tua virtude or m’insegna il mio dovere
 e rossore m’inspira e pentimento.
 Alza, o signore, il punitor tuo braccio.
 Mia pena imploro e tue ginocchia abbraccio. (Quinto Fabio inginocchiasi a’ piedi del dittatore)
 LUCIO PAPIRIO
 Così piacemi Fabio.
905Olà. (Al cenno di Lucio Papirio si alzano le due grand’ali del padiglione e vedesi il Campo Marzio, tutto ingombrato di popolo e di soldati)
 
 SCENA XI
 
 LUCIO PAPIRIO, QUINTO FABIO, MARCO FABIO, popolo, soldati e littori
 
 LUCIO PAPIRIO
             Quel che scorgete,
 romani, è Quinto Fabio.
 MARCO FABIO
 Che miro? Il figlio?
 QUINTO FABIO
                                       Oimè! Tradito io sono.
 LUCIO PAPIRIO
 Vedetel supplichevole e qual reo
 che conosce il suo torto e vuol perdono.
 MARCO FABIO
910Ah vil! Del nome indegno
 di Fabio e di mio figlio,
 tu vincitore? E tu prostrato? Il ceffo
 di morte ancor lontano
 più ti spaventa che ignominia ed onta?
915Pregar tu il tuo nimico?
 E pregarlo di vita?
 O vergogna inaudita in cor romano!
 QUINTO FABIO
 Io, padre?...
 MARCO FABIO
                         Taci. E tu, crudel...
 LUCIO PAPIRIO
                                                             Col figlio
 mi rispetti anche il padre. Già vedesti
920se dimessi al mio piè tremino i Fabi.
 Mia dignitade offesa
 qui vendicai. Delle neglette leggi
 avrò altrove il riparo e la vendetta.
 Tu, se ancor ti rimane audacia in petto
925a difesa d’un reo,
 vieni al popolo e al foro. Io là t’aspetto.
 
    Rigido, inesorabile,
 non sosterrò negletta
 l’eccelsa dignità.
 
930   Temuta, formidabile,
 Lucio, la diedi a te;
 e ignobile ed abbietta
 tu la rendesti a me;
 no, Roma nol dirà.
 
 SCENA XII
 
 MARCO FABIO e QUINTO FABIO
 
 MARCO FABIO
935Nobil fregio al tuo nome,
 bell’oggetto a’ grand’avi, in faccia a Roma
 un Fabio supplicante!
 QUINTO FABIO
 Deh padre...
 MARCO FABIO
                          Non è vero.
 Tu già vivi una vita
940precaria e non più mia. Per te era meglio
 cader sotto la scure o sotto quella
 mal deposta tua spada.
 QUINTO FABIO
                                             E questa spada (Prendendo la sua spada dal tavolino)
 faccia le mie difese.
 Senz’altro testimon che del mio amore,
945a piè del dittatore
 io pregava di morte e non di vita.
 Un suo cenno m’espone
 di Roma agli occhi e a’ tuoi.
 Mi sorprende il suo inganno.
950L’ira tua mi confonde.
 Ma a favor d’un tuo figlio,
 così a te quest’acciar parla e risponde. (In atto di ferirsi)
 MARCO FABIO
 A sì nobile sforzo, (Trattenendolo)
 figlio, ti riconosco;
955parla il mio sangue.
 QUINTO FABIO
                                       E meglio
 ei parlerà, quando dal sen mi sgorghi.
 MARCO FABIO
 Che tenti?
 QUINTO FABIO
                       Prevenir littori e fasci.
 MARCO FABIO
 Affrettarsi la morte egli è un temerla.
 QUINTO FABIO
 Attendere il supplizio è un meritarlo.
 MARCO FABIO
960Ciò che infama i supplizi è sol la colpa.
 Ma spero a’ giorni tuoi più amica sorte.
 QUINTO FABIO
 Ciel, se mi desti un core
 da morir con valore,
 degna ancora di lui dammi una morte.
 
965   Tra le ferite e il sangue
 fossi rimasto esangue
 ma intrepido guerrier.
 
    Felice chi, pugnando
 sotto nemico brando,
970da forte può cader.
 
 SCENA XIII
 
 MARCO FABIO
 
 MARCO FABIO
 S’oggi avesse a perir sì nobil vita,
 vita ch’esser di Roma
 può il sostegno e l’onore,
 in sen di padre avrei sì fermo il core?
 
975   Presaga l’anima
 di male e bene,
 prevede e giudica
 del suo destin.
 
    Suoi lumi provvidi
980di gioie e pene
 non vi s’imprimono
 da falsa spene
 ma dal suo essere
 puro e divin.
 
 Il fine dell’atto secondo